"San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla | |
arde e cade, perché sì gran pianto | |
nel concavo cielo sfavilla. | |
Ritornava una rondine al tetto: | |
l'uccisero: cadde tra spini: | |
ella aveva nel becco un insetto: | |
la cena de' suoi rondinini. | |
Ora è là, come in croce, che tende | |
quel verme a quel cielo lontano; | |
e il suo nido è nell'ombra, che attende, | |
che pigola sempre più piano. | |
Anche un uomo tornava al suo nido: | |
l'uccisero: disse: Perdono; | |
e restò negli aperti occhi un grido: | |
portava due bambole in dono… | |
Ora là, nella casa romita, | |
lo aspettano, aspettano in vano: | |
egli immobile, attonito, addita | |
le bambole al cielo lontano. | |
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi | |
sereni, infinito, immortale, | |
oh! d'un pianto di stelle lo inondi | |
quest'atomo opaco del Male!" La poesia di Giovanni Pascoli pubblicata nel 1896 sulla rivista "Il Marzoco" è stata scritta per commemorare la morte del padre, assassinato da sconosciuti il 10 Agosto 1896, evento che viene posto in una relazione di parallelismo con l'uccisione di una rondine di ritorno al suo nido. |
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